domenica 25 dicembre 2011

Non-Natale

Facebook si ricorda di dirmi che è Natale. Con tutti i Babbi Natale, gli alberi di Natale, le palline colorate, i pupazzi di neve, la mia bacheca sembra il copione di un film di Dario Argento.

Anche le strade di Melbourne mi dicono che è Natale, ci sono le decorazioni, le vetrine addobbate, la gente frettolosa che corre a fare i regali, la tipa che vende le corna da renna (immagino che quella che qui è una gnoccolona bionda con due gambe lunghe cosi, in Italia sia il solito indiano che d'estate vende gli occhiali da sole con le lucine colorate), nei negozi ci sono le canzoncine di Natale (che fanno cling cling cling cling cling) che quando mi giungono all'orecchio vorrei lanciare un urlo di guerra, trasformarmi in Hulk e polverizzare l'impianto.

Le coppiette e le famigliole al ristorante mi dicono che è Natale quando si scambiano i regali, che invece che essere come da noi maglioni e sciarpe e tutto un guardaroba di indumenti caldi e coccolosi, sono creme solari e costumi da sfoggiare in spiaggia, ho una voglia irresistibile di rovesciare il vino rosso su quel bianco costumino striminzito che tu biondina stai ammirando sopra il tavolo mentre il tuo ragazzo ti guarda come se te lo vedesse già addosso quel costume (anzi, forse ti sta immaginando pure senza).

In spiaggia un manipolo di ragazzetti sbronzi mi dice che è Natale quando vedo una bandiera scozzese sventolante piantata sulla sabbia in modo piuttosto precario e loro che si passano il loro unico berretto da Babbo Natale per farsi fare a turno la foto e poter dire "io il Natale l'ho trascorso in spiaggia!", vi auguro una scagazzata di gabbiano su quel berretto ormai già sudicio.



Si nota che non sopporto il Natale?





P.S. ecco, lo ammetto, di questo Natale c'è una cosa che mi piace:


Elio, grazie di esistere.


Comunque sia, Merry Christmas!

Katia

domenica 18 dicembre 2011

@work

Scusate se non sono stata molto presente ultimamente, ma causa lavoro, mancanza di internet in ostello, carenza di sonno, la mia presenza al computer è un po' scarseggiante.
A voi che vi chiedete se lavoro, beh si, lavoro. Inizialmente ho abbandonato i siculi per un'agenzia di recruiting che il primo weekend mi ha spedito direttamente all'hotel Hilton O_o
Ho trascorso attimi di terrore al pensiero di dover comunicare la cosa al ristorante italiano, per cui una sera mi sono fatta coraggio e sono andata a "dare le dimissioni" (che poi si può dare le dimissioni a dei "datori di lavoro" per i quali hai lavorato un weekend, in nero per giunta?? vabbè). Avevo paura potessero adottare metodi "vecchia scuola" per dimostrare lo scontento, per cui mi sono fatta scortare da Kevin, un ragazzo coreano conosciuto in ostello. Mi serviva un testimone, che ve devo dì. Hanno avuto pure il coraggio di chiedermi il perché, al che li ho guardati con una faccia alla "sei stupido o cosa???", e ho spiegato che fondamentalmente il motivo principale era la paga. Vi lascio immaginare gli insulti che mi sono presa e pure le promesse che mi hanno fatto ma comunque no, grazie. Chiuso. Stop.
Così il venerdi e il sabato mi sono presentata in camicia, gilet e cravatta (cravatta!!!) alle porte dell'Hilton. Quelle sul retro, chiaramente :) vi lascio immaginare lo sfarzo di un posto del genere, una volta vista la sala da pranzo sono rimasta cinque minuti con la mandibola spalancata. Mi son chiesta se ero veramente io che stavo lavorando in un posto del genere o se stavo semplicemente sognando. Dopo mezz'ora mi sono resa conto che non stavo sognando ma che c'era il supervisor che stava inveendo contro di me e qualcun altro in una lingua che ancora ora faccio fatica a classificare come inglese. Comunque sia, non ho rovesciato nessun piatto o bicchiere e non ho macchiato nessun costosissimo vestito di qualche ricchissima signora.
Mi sono resa conto però che l'agenzia per cui lavoro non mi procura più di tanto lavoro, al massimo un paio di turni a settimana, per cui, dovendo mangiare ogni tanto, mi sono cercata un'altra posizione. Ho quindi trovato lavoro in un altro ristorante, italiano ma gestito da australiani, o comunque non italiani, che è anche abbastanza famoso qui a Melbourne. La cosa buffa è che sono l'unica italiana a lavorare in un ristorante italiano, e la cosa ancora più buffa è che per farmi capire devo sforzarmi di pronunciare i nomi dei piatti non come li pronuncerei io, ma come li pronuncerebbe un australiano. Per cui fondamentalmente ho adottato una "ere" alla mestrina per tutti i piatti tipo "carbonara", "ravioli", "prosciutto", etc.
Sono poi diventata una specie di "attrazione" per gli autoctoni, in quanto la clientela è estasiata di essere di fronte ad una vera italiana, e si diletta in espressioni tipo "grrrrazie", "buon gi-orno", "tutto bbbene" per dimostrare la loro conoscenza della lingua italica. Quando poi mi chiedono specificatamente da dove sono, la mia risposta è "Venice", è tutto un "oooooh, wonderful!", e ovviamente io evito di specificare che Venezia l'ho vista due volte di striscio e non ci vivrei mai, invece mi dilungo anch'io con "yeeees, Venice is wonderful!".
 L'altra cosa divertente è che c'è un tale sovraffollamento di personale in questo ristorante che posso prendermela comoda e fare tutto con calma, anche perchè vedo che tutti fanno così...per cui, perchè farsi in quattro quando siamo in otto a fare un lavoro che potrei fare da sbronza e con una gamba sola? E poi, i colleghi sono tutti così gentili, è tutto un "thank you!", "sorry", "excuse me", per cui mi chiedo se mi hanno preso per una ritardata o se hanno paura a farmi arrabbiare o se è semplicemente normale per loro.
Il ristorante è un pò fuori dal centro, per cui da venerdi prossimo mi trasferisco in un appartamento, dotato di camera singola (=privacy!!), internet, laundry, e a 10 minuti a piedi dal posto di lavoro. Oltre a risparmiare sul trasporto, ci guadagno pure sulla dieta, poichè sarò al riparo da tentazioni quali Starbucks, Subway e qualsiasi altro tipo di qualcosa-food posso trovare ora mettendo in naso fuori dalla porta dell'ostello.
Mi mancheranno però le serate fino alle 4 di mattina a guardare la tv nella sala comune. L'ostello difatti mette a disposizione di noi poveracci un mega hard drive con tutti i film e le serie tv possibili immaginabili, per cui finora ci siamo sparati non so quanti film, incluse le maratone di Matrix, il Signore degli Anelli, Transformers, Harry Potter, nonché qualche stagione di Simpsons, Family Guy, HIMYM e qualcos'altro che non mi ricordo.
Ecco spiegato perchè non dormo, e perchè non ho ancora scattato una foto di Melbourne :) in compenso faccio esercizio di ascolto e dialogo, inoltre, esclusa una conversazione notturna su skype con mia mamma, è addirittura una settimana che non parlo italiano, chi l'avrebbe mai detto :)

A presto
Katia

mercoledì 7 dicembre 2011

News from Melbourne


So che voi 25 lettori vi state chiedendo che fine abbia fatto, se sono stata inghiottita da un cratere apertosi sotto l’autobus che mi portava lontano da Mildura o se mi si è rovesciato addosso un bin di arance facendomi morire per una dose massiccia di vitamina C… niente di tutto ciò.
Sono giunta sana e salva a  Melbourne e al momento alloggio in un ostello nella Chinatown melbournense. O si dice melbourniana? Melbourniota? Vabè insomma, gavè capio. 
Vorrei aprire per un attimo il capitolo ostello.
A me piace e ho già prenotato la seconda settimana qui. Non è niente di eccezionale, è piuttosto piccolo ma mi piace così, è più intimo, ci si arriva a consocere tutti dopo pochi giorni, è inoltre piuttosto cheap e soprattutto sono in un dormitorio...da tre persone. Col mio fantastico letto da una piazza e mezza. AWESOME!!!
Un cenno particolare lo meritano i miei roomates: la prima notte mi son ritrovata con due ragazzi, Ian from England e Paco from Spain (dove sennò?!?). Incredibilmente simpatici e la sera siamo andati addirittura a bere una birra assieme.
Il giorno successivo ho avuto l'onore di incontrare due donne delle Norrlands. Per chi non lo sapesse, le Norrlands sono la regione più settentrionale della Svezia. Dalle descrizioni che ne avevo ricevuto (indovinate da chi... :D) pensavo di dover avere a che fare con un paio di Uruk-Hai che comunicano tramite grugniti e cenni del capo, invece sono entrambe molto simpatiche e carine (e parlano inglese). Però...sono un pò strane. Prima di tutto, devono avere qualche nostalgia del loro paese natìo in questo particolare periodo dell'anno in cui non c'è molta luce, altrimenti non mi spiego la loro iperattività nei periodi che vanno dalle 5 alle 8 di mattina e dalle 21 in poi. O forse hanno qualche parente in Transilvania. Il resto del tempo comunque, dormono. Nello stesso letto. A tale riguardo sto formulando alcune ipotesi:
  1. Sono lesbiche (ipotesi banale)
  2. Avendo loro a disposizione il letto a castello (perché il singolo non me lo toglie nessuno), soffrono entrambe di vertigini (ipotesi sensata)
  3. Con la stessa premessa dell’ipotesi precedente, sono cosi piccole che non riescono a salire sul letto di sopra (ipotesi presuntuosa)
  4. Hanno freddo (ipotesi idiota, sono svedesi!)

Altre ipotesi sono comunque accettate.
La scorsa notte è stata la loro ultima notte nella mia camera, ora si spostano nel dormitorio da 10. Non se ne vanno perché hanno paura di me, ma solamente perché i loro letti erano già stati prenotati in precedenza. A breve quindi conoscerò nuovi inquilini
A pensarci bene, potrebbero comunque avere paura di me, dovuta in particolare alla trentina di cm che intercorrono tra la mia e la loro testa.
Passiamo al capitolo lavoro.
Sabato, avevo una interview con un tizio in un locale a St Kilda. Avevamo stabilito questa interview la settimana precedente, a me sinceramente era parso strano, però non avendo più ricevuto notizie da parte sua, ci sono andata lo stesso. Inutile dire, arrivo lì, mi saluta calorosamente ma mi dice che il posto era già stato preso. Ma cazzo dico io, mandami un messaggio, fammi una telefonata per dirmi di non prendermi il disturbo di venire, no?? Bah.
Mi sono quindi armata di curriculum, ringraziando la Public City Library di Melbourne che diventerà mia grande amica nei giorni a venire, e utilizzando il classico metodo, mi sono incamminata in Lygon Street e mi sono infilata in ogni locale che incontravo lungo la strada (ossia, uno ogni dieci metri). Lygon Street è la strada dalla quale sono stata avvertita di starmene ben distante, perché pullulante di ristoranti italiani, gestiti da italiani, che si comportano ovviamente da italiani. Ciò vuol dire, lavorare come negri e paghe da fame. Mio papà mi ha sempre però insegnato che “quando l’acqua toca el cul, se impara a noar” (quando l’acqua tocca il culo, si impara a nuotare). Per cui, ho pensato, mi trovo al momento un qualsiasi lavoro che mi permetta di guadagnare due soldi, ma nel frattempo vado ancora in cerca di altro. Detto, fatto.
Da domenica quindi lavoro in un ristorante italiano gestito da siciliani, ma mi sto facendo in quattro tra spedire cv e interviews, e stasera ho un trial in un nuovo locale che sembra un po’ più serio e dove almeno vengo pagata di più (o almeno così mi ha detto il titolare).
Da notare che per cercare lavoro qui bisogna essere degli autentiche facce di bronzo. Faccio un esempio.
Io: “Hi there! I was wondering if you’re looking for wait staff”
Tizio del locale (spesso un cameriere capitato li per sbaglio): “Ehhh..yeah…how long are you staying here in Melbourne?”
Io: “I just arrived two weeks ago, but I’m planning to stay here at least one year!” (BALLA!!!)
Tizio:”Mmmm..ok…where are you living?”
Io:”Oh, just a couple of blocks down the street!” (BALLA!!!)
Tizio:”Mmmm..ok…do you have any experience?”
Io:”Oh, yes, I worked three years in Italy as a waitress in a restaurant!” (Nel mio caso non è una balla, ma nella maggior parte dei casi si :D)
Tizio:”Mmmm…ok…can you make coffee? Cappuccino?”
Io:”Yes, I do!” (BALLA!!!)
Dopodichè vi chiede di lasciare il cv e FORSE verrete richiamati :D Nella migliore delle ipotesi vi chiedono subito quando siete disponibili per un trial, e già lì so che la strada per me si fa in discesa perché dopotutto, caffè a parte e qualche difficoltà a capire cosa vuole un vecchio quando mi chiede un Bondi Rhum (che viene pronunciato come “bandi ram” O_o), non me la cavo affatto male.
Per il resto non và malissimo, in ostello non c’è internet ma la city library non è molto distante, la cosa più grave al momento è che quindi non posso scaricarmi le puntatine di How I Met your Mother.
Vi farò sapere se riuscirò a sfuggire dalle grinfie dei mafiosi siciliani. Per ora ne approfitto mangiando gratis ogni sera un piatto di pasta che altrimenti mi verrebbe a costare sui 25 dollari.
Keep in touch!
Katia

giovedì 1 dicembre 2011

Io sono in Australia

Preparatevi perchè questo è un post incazzoso.
Incazzoso come se vi foste svegliati la mattina alle 6 perchè il vostro compagno di stanza russa, dopo che solo alle 4 vi siete riusciti ad addormentare perchè stavano facendo un casino della Madonna fuori dalla vostra camera, dopo che avete trascorso 10 giorni in questo posto dimenticato da Dio, dopo che il tizio che dovrebbe sganciare i soldi deve ancora pagarvi per esservi fatti un culo così a raccogliere delle schifose arance, dopo che aspettate la posta che non arriva e domani ve ne dovete andare e state rimuginando su come farvi rincorrere dalla posta in giro per l'Australia, dopo che il bonifico fatto dall'Italia dopo una settimana ancora non arriva e non sapete dove sono andati a finire i vostri soldi visto che comunque nel vostro conto corrente non ci sono più.
Ma non sono queste le cose che mi fanno incazzare.
Le cose che mi fanno incazzare arrivano dall'Italia. Tanto per cambiare.
Ma stavolta non si chiamano Berlusconi, non si chiamano lavoro-di-merda-ma-grazie-a-Dio-almeno-ce-l-ho, non si chiamano fila-all-ufficio-pubblico-dove-gli-impiegati-non-stanno-facendo-un-cazzo-e-tu-aspetti-per-ore-come-un-pirla.
Si chiamano amici. O meglio, dovrebbero chiamarsi tali. E cosa scopri stanno facendo questi "amici"? Scopri che ti stanno giudicando (male) per quello che hai fatto, che secondo loro li hai abbandonati al loro triste destino fatto di pasti caldi, tetto sopra la testa, lavoro sicuro, mentre tu ingrata te ne sei andata in un posto dove nell'immaginario collettivo (immaginario, si, esatto, immaginario perchè NON è vero) te ne stai in spiaggia sotto il sole tutto il giorno con un mojito in mano mentre un nugolo di surfisti biondi e abbronzati si sta strusciando su di te.
Si stanno chiedendo perchè ho fatto questa cosa, perchè ho mollato quella che secondo loro era la vita perfetta, fatta di casa, moroso, lavoro sicuro, e loro, si, amici.
Perchè non era perfetta. Ma neanche lontanamente. Ma neanche a guardarla col binocolo.
Perchè me ne stavo continuamente, prepotentemente incazzata col mondo, e chi mi stava veramente vicino può confermarlo, perchè quel Paese che voi chiamate tale mi stava stretto, perchè non vedevo futuro, o meglio, vedevo un futuro rinchiusa tra mille stringhe di cobol e spese da pagare e chissà-se-mai-vedrò-una-pensione. E, scusate, a qualcuno può anche piacere (il cobol intendo), ma quel qualcuno non sono io.
So che magari per qualcuno sono fuori di testa, ma questo era l'unico modo per non impazzire di fronte a tutto questo. Ma come, non bastava cambiare lavoro? No, non bastava. Perchè non era solo il lavoro, perchè era tutto quello che non funziona in Italia ad avermi spinto qui, dove almeno si ha l'impressione che le cose girino per il verso giusto, dove la gente se ti vede in difficoltà è pronta a porgerti la mano, non ad approfittare delle tue debolezze, dove se vuoi riesci ad essere qualcuno e non solamente un numero in mezzo a tanti.
Mi dispiace non essere riuscita a spiegarlo a tutti, non ci sono stati né il tempo né le circostanze adatte. Ad alcuni è sembrato che me ne sia fuggita di soppiatto, ma fidatevi che chi volevo lo sapesse, lo sapeva da mesi.
Non ho tantomeno mai chiesto a nessuno di approvare la mia scelta, ma quelli che l'hanno fatto sono veramente pochi e a loro, e solo a loro, sono grata. Ho chiesto però a qualcuno di fare almeno finta di essere contento per quello che stavo facendo, per il fatto che stavo provando a realizzare il mio sogno di avere una vita migliore. Ma nemmeno quello ho ottenuto.
Ora per me è il momento di essere forte, determinata, positiva, e le chiacchiere di questa gente così come mi sono arrivate all'orecchio se ne spariranno in un soffio di vento. Di quello Australiano. E con le chiacchiere se ne và anche l'incazzatura, perchè, dopotutto, non ne vale la pena.
Io sono in Australia.